Intervista a Marco Schiavon
Artefice ti fa partecipe del percorso di pensiero e poi il pensiero diventa tuo. Io penso che questo sia uno degli elementi che innescano un rapporto positivo con i partner di lavoro. Questa capacità di raccontare il percorso del progetto e le sue motivazioni sono convincenti perché dietro ci sono le professionalità. Professionalità che nel tempo sono via via cresciute seguendo un po’ anche l’evoluzione del mondo e del business accrescendo la sua capacità di offrire valore.
Oggi parliamo con Marco Schiavon – Chief Executive Officer Caffè Borbone
Quando ci siamo incontrati per la prima volta? Dove lavoravi e cosa facevi?
Ho il ricordo di un appartamento a piano terra dove vi ho incontrato per la prima volta. C’erano Luca, Pier, Cisco e Maurizio e io ero un Pm di Danone. Il primo contatto è stato con Luca e poi Pier con cui abbiamo lavorato a delle creatività su Vitasnella, se non ricordo male era un progetto di packaging…una delle mille forme di esercizi fatti sul pack di Vitasnella!
Quali sono state le cose che ti hanno colpito all’inizio?
Sono state prima di tutto le persone che ho incontrato; Luca è diventato un mio caro amico ed è anche stato il mio testimone di nozze!. Eravamo un gruppo più o meno della stessa età e stavamo vivendo tutti un momento bello della nostra vita lavorativa. Artefice stava crescendo e io come giovanissimo manager stavo facendo i miei primi passi…poi io essendo un polentone veneto per me Milano ha proprio rappresentato il rito di passaggio all’età adulta; nuove esperienza, una nuova città, un lavoro in un gruppo internazionale, era tutto molto esaltante.
E se tutto ciò rappresenta la tematica emotiva personale, poi c’è anche la tematica di business, di vedere realizzate delle cose per cui si è lavorato tanto.
La cosa bella della prima collaborazione con Artefice è stato proprio il fatto di vedere realizzata una cosa in cui ci hai messo del tuo e che poi ti dà dei ritorni. Il pack, così come una campagna lo si fa per ottenere dei risultati e quando li vedi questi risultati e funzionano, sei contento.
Poi mi ha colpito lo stile, che è una cosa che è sempre rimasta uguale, cioè la capacità di raccontare e mettere a disposizione l’esperienza in un modo che tu fai tuo.
Di recente abbiamo fatto insieme un progetto, il negozio Chicco di Via Meravigli a Milano, e il fatto di mettere a confronto le mie capabilities con le vostre e soprattutto con la vostra capacità di raccontare il lavoro e le competenze che ci sono dietro ai progetti ha fatto sì che fosse molto più chiaro ciò che serviva e come realizzarlo al meglio.
Artefice ti fa partecipe del percorso di pensiero e poi il pensiero diventa tuo. Io penso che questo sia uno degli elementi che innescano un rapporto positivo con i partner di lavoro.
Quali sono stati i motivi che ti hanno spinto a lavorare con noi per tutti questi anni?
Questa capacità di raccontarti il percorso del progetto e le sue motivazioni sono convincenti perché dietro ci sono le professionalità. Professionalità che nel tempo sono via via cresciute seguendo un po’ anche l’evoluzione del mondo e del business accrescendo la sua capacità di offrire valore.
Nel corso di questi 20 anni il tuo lavoro è cambiato e anche i progetti fatti insieme sono diventati più compositi e articolati. Come siamo cambiati?
Penso che l’evoluzione di Artefice sia avvenuta in più direzioni. Da un lato c’è stato l’allargamento a più business e differenti settori e dall’altra c’è stato uno sviluppo di competenze differenti. Dal packaging, alla consulenza stilistica, dalla brand strategy al contributo alla costruzione sull’equity di marca, dagli aspetti della comunicazione digitale agli eventi, fino alla tematica dell’ultimo miglio, cioè la produzione finale in house dei materiali espositivi.
Questo secondo me ha segnato un’evoluzione di crescita delle prestazioni dell’agenzia, presentandosi come un partner affidabile in situazioni anche molto differenti tra loro.
C’è un progetto che ritieni particolarmente significativo di quelli svolti insieme in questi anni?
La memoria va sempre sui progetti più recenti, per cui quello che più ricordo è il negozio Chicco di Via Meravigli a Milano e di come abbiamo portato degli elementi di linguaggio e di visual identity all’interno di un negozio che è molto importante per Chicco. Abbiamo progettato un linguaggio moderno e attuale, dove Artefice ha lavorato con più interlocutori; con me per il marchio, con la parte tecnica dell’azienda per la realizzazione del negozio e anche con la parte gestionale del negozio.
Questo è un altro tema del percorso di crescita; si diversificano gli interlocutori, che non si limitano più ad essere solo quelli che si occupano di marketing, ma si parla anche di esperienza fisica, di navigazione all’interno di un negozio, di qualcosa che insomma va aldilà del media classico. Per me questo è stato qualcosa di nuovo in cui vedervi all’opera e devo dire che sia la fase di gara che poi la realizzazione del progetto è stata una bella esperienza.
Come siamo cambiati in questi anni?
Insisto su una cosa che ho già detto. Siete cambiati sull’arricchimento delle competenze ma è rimasto il valore fondante che è quello dello stile, quello per cui ho ricordato Artefice all’inizio, quello che me la fatta piacere e che poi è rimasto. 20 anni non sono a caso e questo stile, questo senso di passione con il quale si lavora ai progetti che quanto ti vengono raccontati ti fanno sentire questa passione e la fanno diventare tua è quella cosa che non è mai cambiata. Gli account che si sono succeduti e le persone di riferimento, i soci hanno tutti interpretato questo stile e questo è stato un elemento di continuità che non è mai cambiato e che rappresenta una sorta di garanzia.
C’è anche l’assenza della presunzione. Io ho dei bellissimi ricordi con Pier, che è un direttore creativo ingombrante ma è un direttore creativo che ti fa piacere quello che dice, che ti ci fa appassionare. Luca è un account che la soluzione la trova sempre, che c’è sempre ma non è invadente e ti dà sempre qualcosa di più. Maurizio è stato capace di tirare fuori soluzioni a cose che sembravano non averne, farle fino all’ultimo secondo possibile e garantire che quello che doveva arrivare sarebbe arrivato in tempo…e ci potevi scommettere che sarebbe arrivato…Cisco, che era quello che faceva i conti…che, purtroppo per noi clienti (!) ha fatto sempre molto bene il suo lavoro, facendo il bene di Artefice.
Per finire: 3 parole che ci definiscono
PASSIONE da sola è banale e quindi la assocerei alla capacità di calarsi nel progetto, di immedesimarsi
L’altra parola è TRASPARENZA, SINCERITA’ e poi il GUSTO DELL’ESECUZIONE ECCELLENTE, il non accontentarsi ma avere una spinta a farti vedere una cosa eccellente.