Sostenibilità

La sostenibile leggerezza del packaging

Il concetto di sviluppo sostenibile nasce nel 1987, quando la commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo dell’ONU sancisce che lo sviluppo sostenibile è quello che garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri. 

27 marzo 2020 12 minuti
Optimum pack

Il concetto di sviluppo sostenibile nasce nel 1987, quando la commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo dell’ONU sancisce che lo sviluppo sostenibile è quello che garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri

Questa è una visione ancora molto antropocentrica, infatti nel 1991 viene trasformata ad opera della World Conservation Union, dell’Environment Program delle Nazioni Unite e dal World Wide Fund for Nature che la ri-definiscono come un miglioramento della qualità della vita senza eccedere le capacità di carico degli ecosistemi di supporto

E qui entra in gioco l’equilibrio auspicabile fra uomo ed ecosistema.

Da allora il concetto ha subito ancora un certo numero di ritocchi, non ultimo quello dell’UNESCO del 2001 che paragona la necessità di diversità culturale a quella della biodiversità naturale per un’esistenza armoniosa di tutta l’Umanità.

Comunque il concetto di sostenibilità si basa da sempre sui tre pilastri di Ecologia, Equità, Economia.  

Oggi la sostenibilità, fra le molte altre pratiche in cui viene necessariamente declinata, è anche un elemento di competitività sul mercato. 

Gioca un ruolo essenziale nel corredo di reputazione che accompagna i brand nel vissuto degli utilizzatori. In molti casi assistiamo ad operazioni di green-washing o green-marketing ma è certo che, se non immediatamente, a breve termine questi sforzi di facciata, sono destinati ad essere smascherati e smentiti dalle capacità di analisi e critiche dei nuovi consumatori. 

La sostenibilità costituisce un ritorno ai bisogni primari, quei bisogni che dal dopoguerra ad oggi ci sembrava di esserci lasciati per sempre alle spalle. E che ora tornano sotto una forma diversa, di segno opposto. 

Senza dubbio possiamo definire la sostenibilità come il bisogno primario dell’occidente industrializzato.  

La conversazione sulla sostenibilità è cosa seria e richiede onestà, soprattutto in uno scenario come quello italiano. A maggior ragione in un momento in cui il mondo, improvvisamente, sembra non essere più in grado di reggersi su quello che era abituato ad essere fino ad un istante fa.

L’Italia è il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sul totale dei rifiuti. Gli italiani riciclano il doppio della media europea: il 79% verso un 38%. E nonostante questo sia un dato eccellente, continua a registrare incrementi. Questo vuol dire che la sensibilità ambientale degli italiani è alta e soprattutto che si traduce in pratica. 

Naturalmente non si tratta solo dei rifiuti domestici, l’Italia è prima anche nell’economia circolare, un risultato simile non si ottiene senza che l’industria partecipi in misura importante di questa cultura, la partecipazione d’impresa è importante, sebbene manchi ancora un progetto comune sistematico. 

E’ un po’ come se oggi tutti i processi virtuosi avessero trovato una linea comune senza aver preso un accordo. 

Il vero progresso nella sostenibilità è da associare soprattutto alla capacità di scegliere le materie prime a minore impatto ambientale e a quella di usarne il minore quantitativo possibile. 

Pur essendo il secondo paese manifatturiero in Europa l’Italia per generare un milione di € di valore utilizza solo 285,9 tonnellate di materia prima (poco più della metà di quanto veniva registrato nei 10 anni precedenti) e ha una produttività delle risorse largamente superiore alla media europea. Per ogni kg di risorsa consumata l’Italia genera, a parità di potere d’acquisto, 3,5€ di Pil contro una media europea di 2,2€. Anche gli investimenti green in diversi settori di attività mostrano valori molto elevati. Possiamo dire che in misura più o meno importante gli investimenti green hanno coinvolto tutti i settori dell’economia italiana, con differenze da settore a settore e fra una zona geografica e l’altra.*

Il corretto smaltimento dei prodotti a fine vita, uno dei capisaldi dell’economia circolare, ha grandissimo rilievo ovunque ma qui a maggior ragione, perché possiamo dire con orgoglio che l’Italia, in questo, costituisce un’avanguardia. 

Il risultato è certamente merito del lavoro di tutti i consorzi di filiera (Conai, Comieco, Corepla, Coreve, Ricrea e Rilegno) che hanno dato un contributo rilevante alla strutturazione delle filiere nazionali del riciclo e al posizionamento del Paese come leader dell’economia circolare.  

E che hanno anche contribuito con importanti campagne di comunicazione al sedimentarsi di una cultura di massa in questo senso. 

Proprio Conai nel 2019 ha commissionato all’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna, un sondaggio sulle tendenze di consumo orientate all’economia circolare. Dallo studio emerge che l’87% dei rispondenti è preoccupato per l’ambiente. Anche se tale sentimento non sempre si traduce in un comportamento di acquisto coerente. Comunque i consumatori sono attenti in maniera particolare alle caratteristiche ambientali del packaging, siano esse fisiche o informative. Il packaging risulta essere infatti un efficace strumento di branding e di comunicazione, il 55% degli intervistati dichiara di essere convinto che ci sia una relazione fra il packaging e le caratteristiche di prodotto, incluse qualità e sostenibilità. 

Il 46% del campione dichiara di ricercare informazioni ambientali circa e al prodotto e imballaggio sebbene la conoscenza dei vari label ambientali sia molto scarsa: solo il 2% conosce il significato di tutte le etichette. 

Non sorprende che i più scettici circa le affermazioni di sostenibilità ambientale dei brand siano proprio i meno informati. In totale il 50% del panel è d’accordo nell’affermare che le aziende pratichino greenwashing. 

Ecco, molto a grandi linee riassunto il panorama in cui si situa il discorso e il progetto della sostenibilità del packaging nel Paese oggi. 

Ed ecco perché il packaging pensato per essere sostenibile diventa una leva di marketing imprescindibile per qualsiasi player nel settore dei FMCG. 

Prendiamo ora in analisi la Direttiva Europea SUP (Single UsePlastic) del 2019: chiaramente mira a prevenire e contrastare i rifiuti marini e si basa sulla legislazione dell’Ue già esistente. 

Ma si spinge oltre e stabilisce norme più severe per i tipi di prodotti e di imballaggi che rientrano tra i dieci prodotti inquinanti più spesso rinvenuti sulle spiagge europee. 

Le nuove norme vietano, con decorrenza al 2021, l’utilizzo di determinati prodotti in plastica usa e getta per i quali esistono alternative in commercio; tutta la produzione dei contenitori usa e getta sta progressivamente migrando verso il cartoncino politenato. E’ la riscoperta delle vecchie tecniche produttive dei bicchierini di cartone delle feste di compleanno o di carnevale della nostra infanzia. Nei casi più virtuosi si ricorre all’uso di spalmati in PLA con il limite della scarsa disponibilità di questo materiale. 

Ci sono poi una serie di altre norme per la riduzione per l’utilizzo di materiali di difficile riciclabilità o teoricamente biodegradabili che però non lo sono realmente, soprattutto in ambiente marino. La normativa inoltre prevede per alcuni materiali l’obbligo di contribuzione allo smaltimento da parte dei produttori (materiali EPR). 

Come visto prima i bicchieri in plastica e in poliaccoppiato come le tazze da passeggio e i contenitori per cibo da asporto pronto al consumo sono per ora esclusi dal divieto di commercializzazione ma rientrano tra i prodotti per i quali la direttiva chiede misure ambiziose di riduzione nel consumo o sistemi di EPR.

Oggi è di obbligo solo la direttiva di ridurre l’uso dei polimeri sintetici solo ed esclusivamente ai pack funzionali ovvero quel tipo di involucro che ha necessità di creare una barriera nei confronti del cibo per questioni di conservazione ed igiene. 

Questi manufatti, largamente usati per contenere bevande fredde e gelati, oltre che calde e vari tipi di cibo da asporto e snack, vengono spesso abbandonati nell’ambiente e, quando va bene, intasano i cestini stradali. Il che dimostra che, a livello europeo, non ci confrontiamo solo con un problema di plastica ma di modello di consumo che vede sempre più prodotti alimentari confezionati in porzioni monodose che oltre ad essere ad alto rischio di dispersione nell’ambiente hanno un maggiore impatto rispetto al prodotto contenuto in confezioni più grandi.

E a proposito del momento che stiamo trovandoci a vivere in questo inizio del 2020 viene anche da chiedersi in che modo lo shock culturale e finanziario di una pandemia globale influirà sul processo evolutivo del packaging: il bisogno di conservazione ritornerà ad un concetto SANITARIO e non solo nutrizionale e organolettico? Stanno tornando bisogni primari per noi europei che fino ad oggi erano appannaggio delle popolazioni del sud del mondo? A queste domande potremo dare una risposta solo fra qualche tempo. 

Nel frattempo quello che è già sul tavolo ora è che anche il tema della sostenibilità in generale e del packaging in particolare, sta viaggiando a due velocità: da una parte c’è chi tenta di ridurre l’impatto dei suoi rifiuti ri-immettendoli in un’economia circolare mentre dall’altra c’è chi ha ancora il bisogno disperato di cibo. 

E anche questo, sebbene in senso più ampio, è un tema che rientra sotto il GRANDE concetto di sostenibilità. 

Incrociando trend sociali e ambientali e scenario legislativo diventa evidente che in un futuro molto prossimo qualsiasi realtà che abbia a che vedere con imballaggi e packaging, sia essa parte del Packagin Sector, dello studio di pack-design, dell’industria – in particolare del segmento FMCG, deve prepararsi ad affrontare una rivoluzione sia culturale che di pratiche. Una rivoluzione che in parte è già iniziata da qualche tempo. 

Il 20 e il 21 febbraio 2020 si è tenuto a Bologna l’International Forum on Sustainable Packaging. 

Fra i più interessanti output di questo convegno c’è l’analisi che individua una crescita potenziale delle aziende del 

Packaging Sector generata da 5 trend in corso:

_ Necessità di packaging sostenibile,

_ Crescita continua dell’e-commerce (che è una delle pratiche meno sostenibili che si possano immaginare, l’impronta di co2 dell’e-commerce è impressionante), 

_ Cambiamenti nelle preferenze di scelta dei consumatori, 

_ Compressione dei margini nelle FMCG, 

_ Integrazione fra packaging e internet of things. 

Adattarsi a questa situazione comporterà quello che possiamo definire un reset delle intuizioni, la ricerca di come il nuovo concetto di packaging andrà ad inserirsi nella catena di valore delle merci che contiene. 

Un tema importante è quello della comunicazione veicolata dal packaging: va favorito l’aumento della comprensibilità delle informazioni sul riciclo o lo smaltimento delle eco-label ancora incomprese dalla maggior parte dei consumatori. 

Pur rimanendo nell’ambito delle tre aree di riutilizzo, riciclabilità e compostabilità, si stanno immaginando soluzioni di smart packaging che comunichino informazioni che per ora sono del tutto inconsuete, come ad esempio quelle circa l’edibilità di un prodotto alimentare anche oltre la data di scadenza o viceversa la possibilità di informare il consumatore che un determinato prodotto, pur non ancora scaduto, non essendo stato conservato correttamente, non lo è più. Idee come queste diventeranno possibili grazie a smart packaging equipaggiati con sensori.

Scenari futuribili prevedono informazioni sulla modalità di consumo, per esempio la bottiglia di alcolico che racconta come realizzare cocktail e quali ingredienti acquistare per farlo, attraverso lo scan del prodotto prima dell’acquisto. C’è poi la possibilità di packaging in materiali durevoli, altamente personalizzati e riutilizzabili, che di fatto implicano in cambiamento a livello di modello di business.

Ma anche di packaging che, finita la loro funzione di involucro, si trasformano in qualcosa di alimentare che può essere a sua volta mangiato, dal consumatore o dai suoi animali domestici, perché realizzato con proteine vegetali, come le alghe. Anche se in questo caso difficilmente usciremo dall’occasione speciale o dal meta-progetto, perché i fattori igienici resteranno comunque prioritari.

E dal packaging a base di alghe lo scenario si apre sul versante dei polimeri compostabili derivanti dagli scarti delle produzioni industriali, in alternativa al PLA tradizionale che è insufficiente perché la disponibilità della materia prima necessaria entra in competizione con la filiera alimentare.

Ma la questione sostenibilità non è relativa solo ai materiali: c’è la capacità tecnica di minimizzarne l’uso e quindi l’impatto complessivo; la scelta e il dosaggio delle colorazioni, alcune delle quali rendono il materiale irrecuperabile; i temi dell’assemblaggio e del trattamento, in modo che i materiali possano rientrare nel processo dell’economia circolare senza comprometterlo. Ma anche l’analisi di quelli che sono i materiali più adatti ad integrare soluzioni che connettano gli involucri all’ Internet of things, come codici di risposta rapida, tag di risposta a codici di frequenza radio, protocolli di comunicazione near field. 

Una sempre maggiore sostenibilità e intelligenza del packaging e la sua definitiva trasformazione in uno strumento di comunicazione a diversi livelli, è una grande sfida di ArteficeGroup. Oggi è la mission ideale della business unit MAD-E packaging Ecosystem, che si appresta a farla vivere nella pratica, partendo da un grande spunto di riflessione riguardo al valore del packaging in e out of the box: nel packaging, infatti, convergono oggi tutte le tecnologie che impattano sulla sostenibilità, perché il packaging è tecnologia – è prodotto – è comunicazione. 

Il packaging deve essere duraturo nell’espressione dei valori di marca quanto effimero e leggero nei processi e materiali per l’ambiente.

Un esempio lampante della vocazione storica del Gruppo è la case history del packaging di Tramezzino.it, che già nel 1999 integrava in un singolo progetto tre tendenze all’epoca dirompenti come l’assoluta sostenibilità di un involucro per alimentari completamente riciclabile e compostabile, pensato per l’home delivery di una web based company

Ogni pratica efficace è preceduta dallo studio, dalla formazione e dalla creazione di teoria: è in quest’ottica che si inquadra l’accordo di sponsorizzazione preso da ArteficeGroup con Il Politecnico di Torino – Dipartimento di Architettura e Design, che organizza il Master “Eco Packaging Design – Systemic Innovation Design”. Si tratta di un percorso formativo della durata di un anno che affronta in modo interdisciplinare gli aspetti strategici e progettuali del design, della comunicazione e della sostenibilità per il progetto del packaging. Un mix di didattica in aula ed esperienze in azienda con workshop e tirocini per formare professionisti indirizzati ai diversi settori del packaging: progettazione, produzione, marketing.La sostenibilità è quindi idealmente al centro delle proposte di progetto di MAD-E Packaging Ecosystem, in un’ottica propositiva e proattiva nei confronti delle aziende clienti. Con uno sguardo costante ad una altra forma di sostenibilità, anch’essa importante, che è quella dei costi di produzione. Integrare sostenibilità ambientale ed economica, infatti, si impone come la missione per un futuro che è già cominciato.

*fonte: Greenitaly 2019. Una risposta alla crisi, una sfida per il futuro. I Quaderni di Symbola.