Tecnologia

Branding nel metaverso

Il metaverso non è una novità. È un concetto che ci accompagna da ben più di una trentina d'anni. La parola metaverso è un’invenzione letteraria di Neal Stephenson e la troviamo per la prima volta nel romanzo post cyberpunk Snow Crash, 1992. Ma l'idea risale all'antologia cyberpunk Mirror Shades di Gibson e Sterling pubblicata nel 1989. All'epoca le parole utilizzate erano Matrice o Cyberspazio.

10 marzo 2023 11 minuti
Fare Branding nel metaverso

Dalla letteratura l’idea si sposta nella realtà quando il 23 giugno 2003 Philip Rosedale, fondatore di LindenLab, lancia SECOND LIFE: il primo metaverso DI SEMPRE ancora attivo e soggetto ad una lenta ma stabile crescita.

Oggi il metaverso è molte cose.
Quello che si sente dire spesso quando si affronta l’argomento è che se ne parla molto ma di fatto è vuoto o frequentato pochissimo. Insomma sarebbe un hype. Qualcosa di finito prima ancora di essere veramente cominciato.
Questo succede perché non è chiaro cosa sia, questa mancanza di chiarezza è tipica degli sviluppi tecnologici compositi, che non hanno ancora raggiunto una configurazione precisa e una piena maturità. 

Il Metaverso in alcuni casi non è qualcosa che non abbiamo mai visto o frequentato. Forse parecchi di voi ci sono già stati senza saperlo. 

Quanti conoscono Fortnite? 

Fortnite è un game ma è anche un metaverso: nel 2021 contava una media di 56 milioni di utenti attivi mensili nel mondo. 
Minecraft è un game e contemporaneamente anche un metaverso. Nel 2021 aveva 93 milioni di utenti attivi mensili. Il picco è stato durante il lockdown nel 2020, lì aveva una media 131 milioni di utenti attivi al mese. Se intendiamo il metaverso il tutte le sue manifestazioni questi sono i numeri. E non sono numeri da poco. 

La sensazione di flop deriva dal fatto che Meta, che ha un nome azzeccatissimo ma poco altro al momento, sta dominando la scena con le sue difficoltà che da concettuali si trasformano in finanziarie. 


Meta però è solo una possibile forma di metaverso e non è neppure quella più usuale.
I metaversi già esistenti sono tanti e sono tutti molto diversi fra loro. 

La mappa è stata tratta da Vincos blog.

Quindi siamo di fronte ad una serie di realtà molteplici e diverse fra loro. Che al momento non sono interoperabili.
Per interoperabilità dei metaversi si intende la possibilità, ad oggi inesistente, di potersi muovere con il proprio avatar da uno all’altro, di poter fare transazioni in un metaverso che siano valide anche in un altro. 

Oggi possiamo cominciare col definirlo un’esperienza plurale, persistente e immersiva. 

Un mondo 3D Virtual/Augmented Reality (VR/AR) controllato dall’ AI (Artificial Intelligence). Una community popolata da avatar. Il luogo dove si generano nuovi touchpoint tra brand e consumatori. Un ecosistema finanziario abilitato da Tokenomics* e criptovalute. 

Il metaverso è un insieme di tecnologie del Web 3.0 che lavorano in cooperazione.  

Una di queste è lo Spatial Web, cioè la possibilità di creare degli spazi virtuali in 3D nei quali gli utenti esistono e agiscono attraverso il loro avatar.
Grazie allo Spatial web si rivoluzioneranno numerosi settori, primi tra i quali la progettazione, la chirurgia in remoto e una dimensione inedita della telemedicina di massa. Lo Spatial Web è la modalità con cui sono costruiti gli ambienti dei metaversi.

Un’altra tecnologia fondamentale per la costruzione di un metaverso e dei suoi abitanti è l’AI. Serve i metaversi in diversi modi, il primo è la sua esorbitante capacità di calcolo utilizzata per sostenere un insieme di dati e attività elevato. In questo senso è insieme il motore e il tessuto connettivo che tiene insieme i metaversi.

L’AI gioca anche un ruolo importantissimo nella creazione degli individui che abitano i metaversi. Contribuisce al funzionamento di user interface sempre più evolute e raffinate per la costruzione di avatar e di altri abitanti dei metaversi come gli NPC (non playing characters).
Oltre agli avatar che rappresentano umani, infatti, l’AI aiuta a generare persone digitali, spesso indicate nei videogiochi come personaggi non giocanti, gli NPC appunto,  praticamente delle comparse.  Gli NPC interagiscono con gli avatar degli umani nel metaverso come persone reali.

C’è poi il Natural Language Processing (NLP): la funzione dell’intelligenza artificiale che consente l’elaborazione del linguaggio naturale anche all’interno del metaverso. È la funzione che genera la voce degli avatar.

C’è poi una tecnologia matura che risale alle prime iterazioni del web che continua ad avere un ruolo determinante nell’operatività dei metaversi, stiamo parlando del Semantic Web. Nasce da un’idea di Tim Berners Lee, il ricercatore del CERN che ha reso pubblico il protocollo del World Wide Web nel 1993, e aveva alle origini l’obiettivo di migliorare il rapporto tra l’utente e le macchine, favorendo la fruizione dei contenuti presenti sul web. Il web semantico è l’insieme di tutti i servizi e delle strutture digitali che consentono di interpretare e rendere interrogabili, mediante l’utilizzo di motori di ricerca e di algoritmi, i contenuti presenti nel web. È alla base di tutte le attività di SEO (Search Engine Optimization), SEM (Search Engine Marketing), utilizzo di cookies.  È ciò attraverso cui si organizzano i feed di ciascun utente sul web.
Nei metaversi, che sono ambienti visivi, il SEO si trasforma in VEO (Virtual Environment Optimization).

Sebbene un metaverso possa sussistere anche senza, le blockchain sono un altro tool di grandissimo rilievo nella galassia delle tecnologie fondanti di questo concetto.

La tecnologia blockchain è un registro digitale decentralizzato distribuito su nodi (il network di computer che la compongono). Genera gli strumenti e gli elementi che costituiscono la specifica economia di alcuni metaversi. Ad esempio le criptovalute native e tutti gli elementi soggetti a transazione (i famosi NFT, che sono dei certificati di proprietà), le skin che vestono gli avatar fino ad arrivare agli appezzamenti di terreno e alla nostra casa e alla sede della nostra attività che vi costruiremo per risiedervi. 

Oltre a tutto questo il concetto di decentralizzazione alla base della tecnologia blockchain è l’origine di un particolarissimo tipo di metaverso, il metaverso DAO. 

Una delle differenze fra metaversi consiste nell’essere centralizzati o decentralizzati.
Sono centralizzati quando sono gestiti da un’entità centrale proprietaria, sono decentralizzati quando sono proprietà di tutti gli utenti che li abitano.
Un metaverso DAO è una democrazia nel senso in cui la intendeva Rousseau: le decisioni vengono prese per votazione e hanno effetto diretto.
Generalmente le DAO (Decentralized Autonomous Organization) sono costituite da gruppi di persone che perseguono un comune interesse, spesso di business. In questo senso possono essere paragonate alle corporazioni. 

Esistono poi una serie di tecnologie precedenti che non fanno parte del set necessario alla creazione di un metaverso, ma che ne intensificano la fruizione o favoriscono la commistione fra realtà fisica e virtuale. 

Come ad esempio la Virtual Reality, una tecnologia inventata da Lanier e Sutherland nel 1989. Consiste nell’interazione fra realtà fisica e digitale. Tramite headset e glove si portano le azioni fisiche delle persone all’interno di un universo generato in 3D. 

Quello che caratterizza la VR è la possibilità di fruire di ambienti virtuali tramite strumenti con un maggior livello di immersività. 

La maggior parte dei metaversi con VR possono comunque essere fruiti da schermo, ma ne esistono alcuni che prevedono necessariamente l’utilizzo di headset. I due più noti sono Horizon Worlds e Horizon Venues che sono i metaversi di Meta, con tutti i loro problemi in buona parte legati proprio all’obbligo di questo tipo di fruizione che non li rende particolarmente facili da raggiungere da parte di un segmento consumer. D’altra parte la loro offerta invece è tipicamente consumer.
Gli altri metaversi che necessitano di headset e glove infatti sono per lo più metaversi molto specializzati per professionisti, come quelli dedicati alla progettazione.
È interessante notare che le piattaforme di gaming metaversali di maggior successo, che sono consumer per eccellenza e hanno grandi numeri di utenza attiva, non utilizzano la VR, perché si giovano di una immersività narrativa e, come nel caso dei film, legata alla qualità delle immagini, della regia e del soundtrack.

Poi ci sono gli headset che comunque NON sono il futuro dei device per la fruizione di metaversi. Ma solo il primo rudimentale strumento per l’immersività nei metaversi caratterizzati da VR. Permarranno per gli utilizzi ad alta professionalità. Ma il futuro dei device per l’immersività di massa sarà nei wearable. Il futuro avrà molto più a che fare con l’evoluzione di strumenti come i Ray-Ban Stories. 

L’Augmented Reality, che è la possibilità di integrare nella realtà fisica elementi di realtà virtuale. L’AR è l’opposto speculare della VR, che invece porta le azioni fisiche dentro il mondo virtuale.

L’esempio per eccellenza è ancora una volta un game: Pokémon Go, di Niantic combina gaming, AR e dati geolocalizzati attraverso mobile. I numeri di questo game sono ad oggi ancora da capogiro. Durante l’ultima edizione del Pokémon GO Fest sono stati catturati in totale 1,75 miliardi di Pokémon da milioni di giocatori in tutto il mondo che hanno camminato per la bellezza di 150 milioni di chilometri.

Ora immaginate di giocare a Pokémon Go usando degli smart glass invece del cellulare per individuare i Pokémon nel parco dietro casa.

L’esperienza diventa molto più immersiva e anche più semplice da un punto di vista della gestualità. Immaginate adesso che con gli stessi smart glass potete visualizzare, guardando la strada che state percorrendo, i negozi dove potete trovare quel determinato prodotto che avete inserito nella lista della spesa sul vostro cellulare.
E che i messaggi whatsapp dei vostri amici vi arrivino in un angolo del campo ottico e potrete decidere se guardarli subito o rimandare a più tardi. Se proprio vogliamo immaginarci un futuro è molto più facile che sia questo che non un mondo pieno di gente col casco in testa.

La convergenza di questi due piani, quello fisico e quello virtuale, costituisce la forma del metaverso di domani: the Real World Metaverse. Una piattaforma digitale globale (o più piattaforme geolocalizzate e collegate) che ricoprono l’intera esperienza umana, dalla quale si può entrare e uscire a piacimento, utilizzando diverse porte di ingresso, sia private che pubbliche.

Ma cosa fanno i brand nel metaverso? Soprattutto presidiano, per non trovarsi tagliati fuori o in ritardo in caso di esplosione mainstream del fenomeno. In questo senso si può parlare di un investimento sul futuro per non farsi superare dai competitor. 
Nel fare questo lavorano su una reputazione di aggiornamento costante, infatti, si tratta principalmente di wearable e automotive che cercano di espandere la loro audience a target che hanno una dieta mediatica differente da quella della loro base abituale. Non è sorprendente che i metaversi frequentati dai brand per le loro operazioni di comunicazione siano quasi esclusivamente le piattaforme di gaming con grandi numeri di utenti attivi,  di cui si parlava prima.

Le attività principali usate dai grandi marchi che sono già in metaverso sono 5: 

  • Costruiscono le loro sedi.
  • Creano spazi esperienziali per i visitatori.
  • Vendono digital twin dei loro prodotti.
  • Fanno beta test dei prodotti, sotto forma di digital twin (p.es skin per vestire gli avatar), per verificarne l’indice di gradimento prima del go-to-market.
  • Usano il metaverso come media. 

Vediamo qualche esempio:

Lacoste & Minecraft : l’iconico brand del coccodrillo che ha un’origine nel tennis, ha collaborato con la piattaforma Minecraft ad una nuova collezione virtuale e fisica per la primavera-estate 2022. Nel mondo digitale di Minecraft, i giocatori si ritrovano sulla Croco island, dove il brand torna alle sue origini sportive attraverso il gaming.

Un giro in Hyundai su Roblox? Nell’ottobre 21, Hyundai Motor Company ha lanciato Mobility Adventure, uno spazio metaversale sulla piattaforma Roblox, popolato dai suoi prodotti e dalle sue future soluzioni di mobilità. Lo spazio virtuale condiviso consente agli utenti di incontrarsi e sperimentare le offerte del brand e personalizzare i propri avatar. 

Nel 2021 Balenciaga ha collaborato con Epic Games per integrare nuove skin per gli avatar sulla piattaforma Fortnite. La casa di moda ne ha create quattro e sulla piattaforma è stato sviluppato un hub-in-game inteso come una boutique Balenciga dove i visitatori possono acquistare le skin firmate per i loro avatar. Contemporaneamente ha lanciato anche una corrispondente linea di abbigliamento fisica. Sopra il negozio virtuale, un’affissione animata con il cane Doggo, testimonial del brand. Un equivalente billboard è apparso anche a NYC, Londra, Tokyo e Seoul. 

La partnership tra Ralph Lauren ed Epic Games mira ad aumentare l’awareness del brand presso i target più giovani. Includerà il lancio di una nuova collezione di wearable fisici e digitali che replica la Polo Stadium Collection.

La collezione fisica è stata lanciata il 2 novembre, mentre quella digitale il 5 novembre presso il Fortnite Item Shop. Questa attivazione include un evento live su Twitch.

Ralph Lauren sarà il primo luxury brand ad ospitare un torneo globale su Fortnite: la “Polo Stadium Cup.”

Nikeland è la prima città in una piattaforma gaming di un’azienda sportswear.

La città è popolata da personaggi 3D che indossano prodotti rigorosamente Nike, in particolare le scarpe. Nike utilizza il suo metaverso su Roblox proprio per testare sui 115 milioni di utenti attivi, tramite la vendita di shoes skin, il loro gradimento, per identificare i modelli di maggior successo, prima di procedere con la produzione in larga scala nel mondo fisico.